sabato 4 dicembre 2010

Libero giornalismo italiano

In Italia i giornalisti veramente indipendenti e liberi di attuare una professione che sia, come accade nei paesi anglosassoni, "il cane da guardia del potere" e non al massimo "da compagnia" (Travaglio docet) sono pochi. Ovunque si sente dire che in Italia non vi è nessuna dittatura informativa, che non vi è restrizione alla libertà di espressione, sancita tra l'altro dall'articolo 20 della Costituzione; lungi da noi pensare ciò, ma è altrettanto vero che, per dirla con Gaber, "questa democrazia che ha chiamarla tale ci vuole fantasia". Certo, non siamo al livello del regime fascista che ad un certo punto chiuse e censurò tutta la stampa nemica, instaurò uno stretto controllo sull'informazione culminato con la fondazione, nel 1937, del "Minculpop" (Ministero per la cultura popolare, ribattezzato ironicamente con altro significato). Tuttavia, per certi versi, la situazione odierna in Italia è ben peggiore di quella che vi era nel ventennio fascista (già sento lo sdegno di coloro che leggeranno tale affermazione) e spiego perché. Almeno, nel regime fascista, si sapeva che era un regime, il Duce ebbe il coraggio di dichiarare apertamente la "fascistizzazione" della stampa, della cultura e della società italiana ed il popolo, almeno sino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si adeguò, beneficiò di alcune importanti creature e opere del regime, seppur limitatamente e, tutto sommato, non era né contento né contro il regime. La maggior parte dell'antifascismo era costituito, infatti, da intellettuali esuli all'estero. Nell'Italia odierna, invece, accade una cosa ancora più grave e subdola: ci fanno credere di essere in democrazia, che ci sia libertà di stampa, quando invece non è così o lo è, solo parzialmente. Infatti, come può essere veramente libero di scrivere i fatti così come sono, un giornalista che viene stipendiato dal Presidente del Consiglio, che lavora per un giornale che ha tra i suoi inserzionisti magnati come Caltagirone, La Fiat, solo per citarne alcuni? Se voi lavorereste per un'azienda che produce, che so, biscotti, direste mai, se quei biscotti sono cattivi, ciò? Tale "sudditanza" finisce col rendere legato il giornalista, senza contare la grande marea di "giornalisti da compagnia" che sono al servizo del padrone di turno. Insomma, siamo poi sicuri che questa sia una democrazia e non una "pseudo democrazia"?.

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